Panorama – Al collo, charme e scaramanzia

Il marchio di cravatte Ulturale porta il cognome dell’artigiano fondatore che nel 1948 prese a produrre a Napoli con una manifattura innovativa che fece tendenza: la «sette pieghe». Oggi il brand è gestito da una società che ne sta espandendo il potenziale nel nostro Paese.

Un bel nodo di cravatta è il primo passo serio nella vita» (Oscar Wilde); «la cravatta è la vita colta in flagrante» (Eugenio Montale). La pesca tra gli aforismi dedicati all’accessorio maschile è abbondante, ma non potrebbe ispirarsi a una tradizione più forte: anche così si rilancia il brand Ulturale. Il marchio storico delle cravatte sartoriali, prodotto a Napoli dal 1948 e nato dall’intuizione dell’artigiano Vincenzo Ulturale, è stato rilanciato da Pierfrancesco Barletta, presidente della società. «Vincenzo Ulturale inventò la “sette pieghe”, la cravatta più ricercata, complicata da fare. E, colpo di genio, le sue cravatte contengono il “curniciello”, il cornetto portafortuna napoletano», spiega Barletta. «È un tocco di scaramanzia, non tanto per scacciare l’ansia da Scarpetta, quanto per dare un tocco di leggerezza a chi la indossa. La nostra collezione oggi conta oltre 800 modelli e i colori sono tutti in esclusiva». Dal primo incontro con Raphael Caporali, amministratore delegato, prendessimo il timone dell’azienda non era definito un vero progetto di espansione internazionale.»

Per portarlo a termine serve una strategia che punti sul valore del lavoro artigianale (10mila cravatte fatte a mano ogni anno, in sete pregiate, prezzo da 130 a 180 euro). «Per Natale», continua Barletta, napoletano, milanese di adozione, un passato in società sportive (Inter). «proponiamo nelle nostre boutique a Napoli, Roma e Milano, mille cravatte con un cornetto speciale realizzato da Marco Ferrigno, maestro artigiano dei presepi. Con i guanti da uomo e donna, papillon e sciarpe, sempre fatti a mano». La cravatta non è fuori moda, a favore di camicie bianche nude, alla Obama o, scendendo per li rami, alla Renzi? Risponde Barletta: «Non ha il mercato florido di una volta, ma i giovani la stanno riscoprendo. Indossarla torna a essere segno distintivo».

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